Esiste un futuro per i giovani italiani?

lunedì 25 aprile 2011

Badanti

Flotte
sotto gli alberi dei giardini
mucche
accaldate in cerca d’ombra
dopo aver brucato a lungo.

I vestiti migliori
collane finte
finti denti d’oro
si intravvedono
mentre parlano tra loro.

Domenica
giorno di festa
ozio
incontri
telefonate…

Parenti lontani
aspettano il ritorno…


Maria Pia Altamore

sabato 9 aprile 2011

Il Lavoro e la Costituzione

Se ne sta lì in piedi, il Lavoro, sulla porta d’ingresso della Costituzione della Repubblica Italiana. 
L’art. 1 solennemente recita: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".
La carta su cui si fonda questo nostro Stivale, dalla suola logorata da ataviche divisioni, da stranieri che lo calpestarono e da indigeni che lo calpestano ancora, è forse una delle poche che non pone in apertura concetti belli come l'égalité francese, tanto meno the Fredoom americana o a dignidade da pessoa humana portoghese.
Seguendo la GenesiIl Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto” a noi tocca il Lavoro.
Ma perché proprio il Lavoro? Mi pongo questa domanda. 
Esco di casa e vado al lavoro. 


Marco Stizioli

lunedì 4 aprile 2011

Il corpo delle donne nell'Italia dei nostri tempi

In occasione dell’8 marzo, festa della donna, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha tenuto un discorso in cui ha messo in luce diversi aspetti dell’emancipazione femminile. Il Presidente ha così sottolineato che “oggi si può affermare che il grado d’impegno delle donne per la parità, l’affermazione del loro ruolo nei vari ambiti sociali, il livello di uguaglianza, di dignità e di considerazione di cui esse godono sono tra i principali indicatori della maturità e dello stato di salute dei sistemi democratici”. Ma non solo, egli ha anche evidenziato aspetti che sembrano contrastare con questo appello democratico. Infatti egli ha affermato anche che “tuttavia le donne italiane sono ancora lontane dall’aver conquistato la parità in molti campi. Basti ricordare il divario di genere, quale risulta anche dai rapporti internazionali, nella rappresentanza politica, nei media, ancora in qualche carriera pubblica, nella conduzione delle imprese, basti più in generale ricordare il divario e le strozzature che pesano nell’accesso al mercato del lavoro”. E ancora più a fondo il Presidente ha proposto un imperativo “Bisogna dire basta alle donne oggetto. È necessario incidere sulla cultura diffusa, sulla concezione del ruolo della donna, sugli squilibri persistenti e capillari nelle relazioni tra i generi, su un’immagine consumistica che la riduce da soggetto ad oggetto, propiziando comportamenti aggressivi che arrivano fino al delitto”.
Il discorso del nostro Presidente della Repubblica non dice nulla di nuovo e nulla di particolarmente sconvolgente, l’Italia è palesemente un Paese arretrato, rispetto agli altri Paesi occidentali, in relazione alla questione della donna.
Dal punto di vista politico basta pensare alla Francia, dove una donna, la socialista Ségolène Royal, nel 2007 è stata la sfidante al potere dell’attuale Presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy, alla Germania, in cui al potere è la Kanzlerin[1] Angela Merkel per il suo secondo mandato, oppure all’Inghilterra, dove Elisabetta II non è la prima regina donna del regno (e da molti secoli). In Europa tutto questo, mentre in Italia, e proprio anche l’8 marzo, si litiga sulle quote rosa e una donna al potere è impensabile, per questioni culturali, sociali, politiche.
In Italia per una donna non è, però, solo la politica, o anche il mondo del lavoro più in generale, a mostrare i limiti del nostro Paese rispetto alla questione femminile; infatti, come sottolineava già Napolitano, in Italia la donna viene spesso ridotta a “donna oggetto”. Questo è evidente in show televisivi in cui ballerine semi-nude accompagnano presentatori maliziosi alla conduzione di programmi di scarso retaggio culturale, pubblicità in cui donne nude o ammiccanti sponsorizzano acqua o yogurt, al punto che ad acqua e yogurt non si fa più nemmeno caso e l’unico legame tra pubblicità e acquisto potrebbe essere l’illusione di un uomo di poter acquistare con l’acqua anche quella donna meravigliosa dello spot.
Ma veramente gli uomini italiani sono così bassi? Secondo i tedeschi sì.
Basta prendere in considerazione la pubblicità della Müller, la nota marca di yogurt, tedesca appunto. La pubblicità in Germania fa leva su contenuti completamente diversi – la salute, la famiglia, l’ironia –  rispetto a quelli della pubblicità italiana, solo andare su YouTube per fare un confronto permette di rendersi conto che le due pubblicità sono decisamente differenti, al punto da riflettere due popoli completamente difformi[2]. E se questo non fosse sufficiente, se l’originalità del popolo italiano nella considerazione della donna come “donna oggetto”, a partire dal campo pubblicitario, ancora non convincesse, se si volesse ancora dire: ma l’Italia non è un Paese anomalo, tanti Paesi europei sono così e pure peggio. Allora prenderei ancora in considerazione la stessa marca di yogurt e confronterei gli spot dello stesso trasmessi in diversi Paesi[3], anche dell’est Europa. Il risultato è esattamente quello del confronto con la Germania: il nostro spot è l’unico ad avere contenuti sessuali espliciti. Ma se la pubblicità è di uno yogurt tedesco e quindi richiesta da un’azienda tedesca che di certo non vuole abbassare i suoi profitti per uno spot di basso profilo, allora è così che ci vede la Germania? E forse, allargandoci anche un po’, l’Europa? Come un popolo di maschi arrapati capaci di comprare uno yogurt solo perché si vede un po’ di carne gratuitamente? È dunque questo che siamo noi italiani?
È evidente che anche una televisione siffatta non è una televisione per le donne, ma ruota attorno a esigenze unicamente maschili, alla soddisfazione di desideri decisamente virili piuttosto che femminili. La società italiana sembra così presentarsi come una società ancora fortemente maschilista, legata a valori e principi che poco possono essere considerati condivisibili dai due sessi, ma solo imposti da uno. E la cosa peggiore è che la maggior parte delle donne italiane sembra essere completamente indifferente a tutto questo e accetta una televisione, manifesti pubblicitari, mega- e minischermi nelle più grandi stazioni d’Italia, che pubblicizzano ogni sorta di prodotto (dal cibo per cani ai jeans) con una ricchezza di “tette” e di “culi” da far invidia a Playboy, come una televisione adatta a bambini e famiglie. Sembra che non ci siano più valori, punti di riferimento, ma solo un mondo fatto di superficialità e superfici tondeggianti e bene in vista.
Eppure, nel nostro Bel Paese, in cui il ministro delle Pari Opportunità è un ex-velina, il Presidente del Consiglio ultimamente appare al mondo come un vecchio pervertito che probabilmente il marchese De Sade avrebbe considerato degno del suo circolo e la maggior parte delle donne sembra asservita a meccanismi puramente estetici e sessuali, esistono ancora persone, sia uomini che donne, che si indignano di fronte a tutto questo e che fanno di tutto per far sentire la propria voce, che scelgono di agire e creare tutto un mondo che si stagli al di là di quello che trapassa tramite i diversi media[4]. Quello che si deve fare dunque non è mangiare la foglia o chiudere gli occhi per non vedere, ma ricordarsi di quello che siamo e che portiamo con noi ogni giorno. Non possiamo scordare, ma dobbiamo esaltare la nostra umanità, che consiste nell’essere fatti di carne che soffre e che gode, di un corpo che è ciò che noi siamo, poiché noi siamo il nostro corpo. Allora non si può far altro che scegliere: scegliere se seguire i media o andarci contro – non necessariamente pubblicamente, anche solo portando avanti una propria personale scelta esistenziale –, scegliere in che modo gestire e mostrare il proprio corpo, ovvero se come un pezzo di carne oppure come un aspetto imprescindibile dell’umano.

Fo Elettrica



[1] Ci tengo a far leva sulla parola Kanzlerin, perché se Kanzler è la parola tedesca maschile per “cancelliere”, l’aggiunta del suffisso –in la rende femminile, la “cancelliera”.
[2] Spot italiano e spot tedesco a confronto. Invito a vedere anche questo servizio de “Le Iene” (09/03/2011) sulla pubblicità italiana.
[4] Esistono eventi, come quello “Sono donna e dico basta” della Repubblica proposto dopo lo scandalo Ruby, donne che esprimono fanno leva sulla loro femminilità attraverso poesie, come Lisa Corva che scrive su City, blog che si interrogano sui problemi della donna nel nostro tempo, come “Il corpo delle donne”, e tantissimi gruppi di sostegno, aiuto, intervento tramite azioni dirette oppure consigli.